L’isola di Gorgona compone, assieme all’Elba e Capraia, l’arcipelago toscano, ed è unica nel suo genere. Da circa 150 anni ospita un penitenziario i cui detenuti si dedicano all’allevamento e alle attività agricole. Pochi abitanti, meno di dieci in pianta stabile, è un luogo in cui uomo e natura vivono in armonia, per questo motivo è stata da sempre meta di eremitaggio e di ritiro spirituale, nonostante la storia sorprendentemente travagliata.
Isola di Gorgona fra natura, eremitaggio e riscatto:
Gorgona è la più piccola e la più lontana isola che compone l’arcipelago toscano assieme all’Elba e Capraia, a largo del mar Ligure. Appartenente al comune di Livorno, è area marina protetta del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, per la ricchezza delle biodiversità che la popolano.
Una montagna in mezzo al mare, direbbero molti, per via dei suoi rilievi e le rocce calcaree affiancate da una vegetazione tutta mediterranea. A largo delle sue coste frastagliate dell’isola vige il divieto di navigazione, immersione e balneazione nel raggio di 1 km, ed è per questo che Gorgona può vantare acque cristalline e spiagge chiarissime. Non a caso condivide con tutto l’arcipelago il santuario dei Cetacei, da cui si possono ammirare splendidi esemplari di delfini e balene.
Oggi l’isola è nota per essere una colonia penale, e i suoi detenuti, oltre ad essere parte attiva dell’tessuto sociale dell’isola, rappresentano ormai gran parte dei suoi abitanti. Si dedicano all’agricoltura, alla pesca e all’allevamento di terra e mare, vivendo in simbiosi con i frutti del territorio e ottenendo così la loro opportunità di riscatto.
Secondo il ritrovamento di alcuni reperti archeologici, l’isola fu abitata sin dalla preistoria dalle popolazioni del neolitico. Utilizzata dagli etruschi come scalo portuale strategico, vide anche il passaggio dei romani, come testimoniano i resti in muratura in opus reticulatum. Rutilio Namiziano, nel 416, scrive nel suo De reditu suo sulle colonie monastiche presenti proprio a Gorgona, che nel tempo fondarono i monasteri di Santa Maria e di san Gorgonio. Le due chiese sono state protagoniste di eventi importanti per la religione cristiana: ad esempio il recupero delle spoglie di Santa Giulia, dopo il martirio in Corsica nel 450, e la visita di Santa Caterina da Siena.
Per la sua posizione, per la quiete e la comunione con la natura, l’isola è sempre stata meta di eremitaggio di monaci certosini (che a più riprese la abitarono fino al 1777) e benedettini, ma subì spesso incursioni barbaresche e saccheggi di matrice pirata che la costrinsero spesso all’abbandono, con periodi variabili di ripopolamento e cambi di amministrazione. Si ricorda ad esempio l’annessione nel 1283 alla Repubblica Marinara di Pisa, che edificò la Torre Vecchia. Nel 1406 l’isola passò alla famiglia dei Medici, che fortificò l’attuale Torre Nuova.
Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, cercò di ripopolare l’isola chiamando a sé agricoltori e pescatori, ma non ebbe successo. Nacque però Cala dello Scalo, attualmente l’unico centro abitato dell’isola, ad opera della famiglia Citti e delle antiche famiglie che scelsero di lavorare nell’isola, e di cui ancora oggi ci sono discendenti. L’insediamento penale si attivò nel 1869 con la costruzione di Villa Margherita.
Ciò che affascina di Gorgona oggi, oltre alla natura incontaminata, è la sua organizzazione sociale. Ai detenuti è garantito un lavoro remunerato e un regime di semilibertà, per questa ragione possono accedervi solo coloro che rispondono a certi requisiti. Si dedicano agli animali d’allevamento e alla coltura di piante aromatiche e officinali, alla pesca e ad ogni genere di attività garantisca il sostentamento dei pochi abitanti rimasti. Sull’isola vi è anche un caseificio, una macelleria, una vigna e uliveti: un’atmosfera dal profumo antico, di pace e tranquillità.
Se avete già prenotato un traghetto per l’isola d’Elba, non rinunciate ad una gita nell’isola di Gorgona. Essendo area protetta può essere visitata secondo precise regole, ma è un’occasione che non ci si può assolutamente perdere.
Photo credits:
Foto di Lantus da Wikimedia
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