Uno dei siti archeologici più importanti dell’Isola d’Elba è la necropoli ellenistica di Capolivieri, che si trova nella località di Profico. Il nome di questo luogo rimanda probabilmente alla figura della praefica, donna che nella cultura latina veniva pagata per piangere i morti ai funerali. Questo è indicativo della destinazione funeraria del luogo.
Bisogna considerare che Capoliveri si trova in un luogo molto particolare, in prossimità del Monte Calamita, rilievo che deve il suo nome alla massiccia presenza di magnetite delle sue rocce. Proprio per la sua ricchezza di minerali, il luogo è stato abitato sin dall’antichità, prima dagli etruschi e poi dai latini, come ci testimonia la necropoli ellenistica di Capoliveri. Lo stesso toponimo sembrerebbe avere origine latina: il nome “Capoliveri! potrebbe derivare infatti da Caput Liber, o da Caput Liveri. Il riferimento è al dio Libero, o Bacco, o alla conformazione geografica del luogo (“libero”, circondato solo dal mare). Gli abitanti dell’Isola d’Elba intrattenevano proficui rapporti commerciali con i mercanti greci, creando una fitta rete di influenze culturali che si rispecchiano nell’identità composita dell’Isola. La necropoli ellenistica di Capoliveri è proprio un risultato di queste commistioni culturali molto profonde.
La necropoli elbana è stata scoperta nel 1816 da Giacomo Mellini, colonnello del Genio militare Francese. Questo nel 1799 era stato impegnato nella difesa di Bastia, in Corsica, lottando contro inglesi. Avendo fatto saltare una fregata inglese gli era stata conferita una decorazione del Comitato di salute Pubblica. Aveva preso parte alle campagne napoleoniche in Italia, per restare ferito durante la battaglia di Marengo. Era insegnante di matematica dei cadetti italiani e francesi. Era stato a capo del progetto architettonico delle fortificazioni di Alessandria e di Peschiera, diventando poi membro dell’accademia delle Scienze e delle Arti. Aveva seguito personalmente Napoleone nel suo periodo elbano, rimanendo poi legato all’Isola toscana.
Giacomo Mellini ha lasciato un manoscritto molto dettagliato dei suoi scavi archeologici elbani. Nel 1816 si era recato a Profico e aveva fatto le prime sorprendenti scoperte archeologiche. Raggiungendo la sommità di un colle aveva rinvenuto diverse ossa di cadaveri umani, di diverse grandezze. Appartenevano a uomini, donne e bambini, tutti erano sepolti con il volto rivolto verso oriente. Questi corpi erano circondati da mitre, piatti e vasi di diverso genere. Il fatto di trovarsi di fronte a sepolture che seguivano un preciso rituale era evidente. Giacomo Mellini documenta in modo accurato il ritrovamento. Purtroppo, la necropoli è stata in parte distrutta nel 1969 a causa di alcuni lavori agricoli.
Si stima che il sito funerario sia sorto intorno al III secolo a.C. e sia stato utilizzato sino all’inizio del I secolo a.C.. Nelle sepolture sono state ritrovate diverse kylix a vernice nera, ovvero delle coppe da vino in ceramica, generalmente parte dei corredi simposiaci greci, diffusi nel Mediterraneo a partire dal VI secolo a.C.. Sono stati rinvenuti anche tre lekythos, ovvero vasi allungati con il collo stretto, come anche delle oinochoe, ovvero delle brocche per l’acqua e per il vino, e non solo. Tante anche le coppe e le patere a vernice nera, le anfore, i boccali e diversi reperti in metallo come candelabri, pinze, fibule e gioielli.
Oggi questi reperti sono conservati al Museo Archeologico di Portoferraio. Il Museo si trova all’interno degli antichi magazzini della Fortezza della Linguella, a Calata Buccari. Nei mesi invernali è aperto solo su prenotazione. Da aprile a novembre, invece, è aperto tutti i giorni.
Per maggiori informazioni: https://www.museiarcipelago.it/musei/museo-linguella/
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Foto di Ferpint per Wikimedia
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